PINA DI GUELFO DEI PULCI OBLATA DEI SERVI
e il 'non expedit' di fra Pietro da Todi

La famiglia fiorentina dei Pulci – con la «L» e non con la «C», come di frequente si sbaglia scrivendo “Pucci” (esperienza anche personale) –, si occupò di attività commerciale e bancaria e ricoprì cariche pubbliche in città.
Vi appartenne Guelfo, che fu della cappella di San Pier Scheraggio, ricordato nel 1278 come console dell’arte di Calimala e nel 1282 priore del Comune. Nell’occasione della cacciata di Vieri dei Cerchi, venne fatto prigioniero e nel 1311 dichiarato ribelle dall’imperatore Enrico VII con sentenza data a Poggibonsi.
Ebbe un figlio, Roggerio, sacerdote domenicano, detto di buona e onesta vita, deceduto a Santa Maria Novella il 9 dicembre 1311.
Ed una figlia, Pina, che fu protagonista di un fatto curioso riguardante la SS. Annunziata e l’Ordine dei Servi di Maria.
Di lei accenna il saggio Notai e mondo degli affari di S. Tognetti, che la dice di cognome Pucci (sic) e vedova. Quindi ne ricorda un prestito semestrale di 2.250 fiorini fatto all’arte dei beccai (macellai) fiorentini tra il 9 e il 16 di dicembre 1327 con rogito di ser Filippo di Contuccino da Pupigliano.
Segue l’attestazione della sua nullità.
Dà notizie invece del legame con i Servi di Maria una pergamena inedita del 1335 scritta a Bologna nel refettorio del convento di San Giuseppe “burgi Galerie”, del borgo di Galliera.
Contiene la dichiarazione del priore generale fra Pietro da Todi riguardo alla oblazione (offerta) proprio di Pina al convento della SS. Annunziata di Firenze, avvenuta il 18 aprile 1330 nelle mani di fra Cristoforo da Parma, allora vicario nella provincia di ‘Tuscia’, e rogata da ser Giovanni di Bonaventura.
Segue però l’attestazione della sua nullità.
O, come si legge nel testo: “non expedit ex canonis legibus quas melius est sillere (sic) quam apponere instrumento cum etiam dicta domina Pina nec habitum mutaverit nec sub alicuius prelati ordinis obediencia vixerit ...” – non conviene, secondo i canoni di legge è meglio tacere piuttosto che attaccarla a uno strumento (notarile) dal momento che anche la detta Pina non ha mutato abito e non ha vissuto nell’obbedienza di un qualsiasi prelato dell’Ordine ...
Pertanto fra Pietro “a tale oblatione et conversione, si quam foret vel fuisset, absolvit, et talem oblationem et conversionem cassavit et annullavit, de suis iuribus enernavit decernens dictam conversionem et oblationem nullius esse ... – assolveva la donna dall’oblazione-conversione, come fosse o sarebbe stata, la cassava e annullava, levava vigore riguardo a ogni diritto, giudicando nullo l’atto ...
E quindi dichiarava che Pina “quod deinceps ut layca et laycaliter vivat et bonis suis disponat et disponere libere potuerit ac possit pro sue libito voluntatis ...” – da allora in poi, vivesse come laica, e laicalmente, e disponesse e potesse disporre dei suoi beni e lo potesse fare come volesse e le piacesse ...
Erano presenti alla scrittura i testimoni fra Giovanni da Cesena, di Villano di Bonaventura “cap.” (cappellano?) di San Giuseppe, Giovanni da Modena converso dei frati e Ansaldino di Ugolino notaio. Rogò ser Pietro del fu Vinciguerra del fu Iacopino.

Si tratta, come si può vedere, di una vicenda dai contorni oscuri e quindi curiosa, una cui interpretazione, purtroppo dopo quasi sette secoli di tempo e senza il sostegno dell’introvabile atto del 1330, può essere questa.
Una signora dell’élite fiorentina ricca e anziana, abituata a disporre liberamente della sua vita e delle sue cose, aveva voluto farsi oblata e conversa del convento della SS. Annunziata offrendo, come d’uso, se stessa e i suoi beni.
Il suo desiderio però si era scontrato con la povera e umile esistenza richiesta e con la perdita dell’autonomia, in quanto avrebbe dovuto sottostare all’autorità di un qualsiasi prelato religioso. Per favorire la nullità dell’atto, quindi non aveva adempiuto alle due condizioni di vita essenziali ...

Una seconda spiegazione meno di superficie può essere quest’altra. Pina compì la sua oblazione o fu un passo dal farla e, vivendo da laica, attese una conferma che non venne. Fra Cristoforo da Parma infatti lasciò l’incarico di provinciale lo stesso 1330, ufficialmente per ragioni ignote, ma forse a causa di pesanti controversie all’interno dell’Ordine.
Di queste ne fu bersaglio e vittima lo stesso fra Pietro da Todi: diventato priore generale nel 1314 e ritenuto “zelante dell’osservanza regolare”, pare avesse avuto il torto di essere un ‘simpatizzante’ di Castruccio signore di Lucca († 1328) e quindi del grande nemico di Firenze, l’imperatore Lodovico il Bavaro (1328-1347) e dei fautori della povertà assoluta dei religiosi (i Fraticelli).
E tuttavia “fino all’anno 1333 le cose andarono più o meno regolarmente; nel 1334 invece esplose contro fra Pietro la ribellione dei principali superiori della Toscana e di alcuni loro aderenti; si riuscì a farlo scomunicare il 26 marzo, nel duomo di Firenze, insieme a fra Cristoforo da Parma, da un certo Ponzio che deve avere agito con l’autorità del legato” (così il p. Rossi in Serie cronologica).
Seguì per il generale una vita grama, trascorsa a presentare ricorsi alla sede papale ad Avignone, pur rimanendo in carica fino alla morte (1344).
I suoi accusatori principali furono i frati fiorentini, ma anche su di loro gravano delle ombre. Un esempio è fra Grimaldo di Cenni, il suo “maggiore avversario” (così il p. Taucci), il quale con fra Alessandro Masi, Giovanni Villani (il cronista) e Alamanno Torelli, preposti alla costruzione delle mura di Firenze, fu processato e assolto assieme agli altri con l’accusa di avere impiegato nel 1331 denaro pubblico in usi propri e privati.
Quindi nessuno allora poteva ritenersi al sicuro. A Firenze e nell’Ordine le certezze dovettero confondersi spesso con le incertezze, la verità con il sospetto e si visse pericolosamente, e male, tra guerre, scomuniche di papi e di antipapi, politiche faziose e eccessive.
Si comprende anche come sugli atti compiuti da personaggi che non potevano più difendersi o dimostrarne concretamente il rogito – era il caso di fra Cristoforo da Parma e Pina dei Pulci –, fra Pietro per semplici ragioni di opportunità dichiarasse il “non expedit”, il “non conviene” ...

Paola Ircani Menichini,29 gennaio 2022.
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